Gallina prataiola Tetrax tetrax (Linnaeus, 1758)
Categorie di tutela
Direttiva Uccelli 79/409/CEE: Allegato 1 Specie prioritaria
Convenzione di Berna: Allegato II
CITES: App. I
Legge 157/92: Particolarmente Protetta
Stato di conservazione
IUCN Red List: (NT, Near threatened), quasi a rischio
Lista Rossa dei Vertebrati italiani: (EN, endangered) in pericolo
Species of European Conservation Concern (BirdLife International 2004): SPEC 1, la specie è considerata globalmente minacciata
Specie dotata di uno specifico Piano d’Azione: “European Union Action plans for 8 Priority Birds Species – Little Bustard” (1997)
La Gallina prataiola, pur essendo una specie bandiera della conservazione degli habitat steppici e degli agroecosistemi tradizionali, risulta in forte regresso nella maggior parte del suo areale. La Gallina prataiola nidifica in Francia ed in Spagna. In Italia nidifica soprattutto in Sardegna e ormai rara e localizzata in Puglia (provincia di Foggia), in habitat costituiti da aree agricole, ma non troppo antropizzati, ad altitudini comprese tra 0 e 500 metri. È presente inoltre nei Balcani, nell'Europa orientale, in Asia occidentale ed in Africa settentrionale.
In Italia è sedentaria e nidificante in Sardegna; ritenuta estinta in Sicilia dalla fine degli anni ’60, con segnalazioni fino al 1977 in provincia di Catania (Ciaccio e Priolo 1997) e nel Molise con nidificazioni regolari fino agli anni ’60 e ultime osservazioni a inizio anni ’70. In tempi storici ritenuta nidificante comune ma localizzata in Sardegna, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Molise, irregolare come tale nella pianura padana orientale. La popolazione Sarda è stimata in 100-500 covate o 1500-2000 individui nel periodo 1985-93 (Schenk 1995). In Puglia nelle ZPS oggetto dell’intervento si stima una popolazione compresa tra 10 e 50 individui (CSN 2006, Petretti 2007, Oss. Nat. Parco Naz. del Gargano 2005-2009). Tali stime sono da verificare mancando dati recenti di monitoraggio. Attualmente nidifica solo in Sardegna e in Puglia (Pratesi 1976, 1978, Schulz 1980, 1981, 1985, Petretti 1985, 2007). Le due popolazioni mostrano una tendenza molto diversa, nella seconda metà del secolo XIX in Sardegna c’è stato un calo della popolazione mentre in Puglia la stesa tendenza ha ridotto di oltre il 90%la popolazione che ora è localizzata a sud del Promontorio del Gargano che rappresenta il centro dell’areale storico di diffusione lungo la costa adriatica (Petretti 1985).
La specie è legata sia ai residui ambienti di tipo steppico vocati al pascolo, con presenza di asfodelo e scheletro roccioso affiorante o ambienti misti di steppa con aree prative incolte, set-aside o prati da sfalcio. In ogni caso, la sua sopravvivenza dipende dal mantenimento di un mosaico di aree con regime di utilizzo estensivo di pascoli e coltivi. Tali ambienti, rappresentano la versione antropica delle originarie steppe asiatiche esclusivo habitat della specie prima dello sviluppo dell’agricoltura.
Gli ecosistemi erbacei aridi di pianura e collina vengono a coincidere il più delle volte con i pascoli estensivi per ovini ed altro bestiame brado e si rinvengono ancora nell’Italia centro – meridionale e nelle isole maggiori (Petretti, 1986a, 1991 e 1993). Le steppe sono considerate tra gli ambienti più vulnerabili e attualmente più minacciati in Europa a causa delle trasformazioni ambientali imposte dall’uomo (Tucker & Evans 1997).
La specie nidifica in ambienti aperti, secchi e caldi, destinati a pascolo e all’agricoltura estensiva; predilige sia seminativi non irrigui di cereali, leguminose e foraggere sia formazioni erbose aride e sassose di tipo steppico, con copertura non troppo fitta e alta meno di 20-40 cm. La maggiore diffusione si ha fino a 500 m slm. In Puglia le arene di canto sono situate per il 100% in prati-pascoli.
Bibliografia:
Le informazioni qui riportate sono tratte da: Ornitologia italiana Vol. 2 Tetraonidae - Scolopacidae curato da Pierandrea Brichetti e Giancarlo Fracasso (2004) e dal Volume “Aree importanti per l’avifauna in Italia” (BirdLife LIPU - Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, 2000) curato da Armando Gariboldi, Vincenzo Rizzi e Fabio Casale.